4) “Con la cultura non si mangia.”Nella Seconda Repubblica abbiamo assistito invece alla glorificazione (mai accompagnata da sostegni effettivi) delle Piccole e Medie Imprese (PMI), una galassia di microscopiche aziende insediate soprattutto nel Nord più avanzato e capaci di imporre un modello di stile e di gusto eccezionalmente apprezzato dai mercati esteri, il made in Italy. Questo fenomeno tuttavia risale agli anni Settanta del Novecento, ed è stato reso possibile da una immane mobilitazione sociale, un impulso di classi medio-basse verso l’alto che ha messo in moto uno straordinario sforzo imprenditoriale consentito non solo dall’apertura dei mercati, ma soprattutto dal sostegno della politica e dalla formazione culturale e di know-how alla base dell’impulso. Il declino delle PMI sembra accompagnarsi al declino della classe politica italiana, non più capace di sostenere questo straordinario sforzo sociale e culturale con politiche adeguate. E forse questo dipende dal parallelo indebolimento culturale delle classi dirigenti stesse, poiché non hanno meccanismi di selezione in grado di premiare né la competenza né la preparazione. In un Paese in cui la politica sembra ormai appannaggio esclusivo dei medici, degli avvocati e dei giornalisti, e in cui il politico di professione è considerato un mantenuto o, più spesso, un ladro, non ci si stupisca se non si è più in grado di governare il cambiamento della società e il bisogno di innovazione. Il mondo intellettuale ha proposto argomenti alla politica fino a quando la politica li ha richiesti per farne elaborazioni, poi non ne ha più avuto bisogno poiché ha cessato di rendere pratica di governo una teoria ideologica, filosofica o politica, per cimentarsi unicamente nel deludente pragmatismo post ideologico. Le uniche conseguenze tangibili registratesi finora sono la decadenza e l’aridità, e non saranno probabilmente le primarie a risolvere il problema.3) “Ce lo chiede l’Europa”. Distrutti i partiti tradizionali di massa, con i propri meccanismi di formazione interna e di selezione, la società italiana si è posta il problema di come riemergere da una grande tempesta giudiziaria da un lato e da una grave crisi economica dall’altro. L’ultimo Governo della Prima repubblica che si ricordi è quello di Giuliano Amato, e tuttavia si ebbe anche il Governo Ciampi. Due Governi in perfetta sintonia l’uno con l’altro, eppure diversi: il primo era guidato da un politico e da una maggioranza tradizionale di Quadripartito, il secondo dall’ex Governatore della Banca d’Italia e con l’appoggio più o meno esplicito del PDS, il partito post-comunista. Cos’è accaduto in questo strano biennio se non un ripensamento complessivo dell’intero apparato economico-industriale della nazione italiana? L’idea della privatizzazione delle imprese statali non era nuova ai programmi di governo, e tra 1985 e 1992 si era provveduto alla dismissione di ampie quote di Mediobanca, COMIT, Alitalia, ITALTEL (tutte di proprietà dell’IRI). Dal 1992, sotto le pressioni del sistema finanziario internazionale preoccupato per una possibile insolvenza dello Stato italiano, vengono privatizzate al 100% intere aziende e industri dell’IRI, comprese parti dell’ENI, vero gioiello del sistema italiano. Sostanzialmente si avvia un passaggio di consegne dal sistema capitalistico di Stato abbinato a un ristretto sistema oligopolistico di natura famigliare tipico dell’Italia del Dopoguerra ad un sistema nuovo, inserito nella globalizzazione finanziaria. Emerge quindi evidente un’alleanza strategica tra una nuova governancefinanziaria internazionalizzata e ben inserita nella dialettica economica mondiale (formatasi all’ombra del neoliberismo americano e pronta a cogliere l’occasione dell’apertura dei mercati dovuta al crollo del sistema sovietico) e un’opinione pubblica fomentata contro la partitocrazia (estremo baluardo del vecchio sistema assistenzialistico e statalizzato) già da molto tempo, con la complicità dei sistemi dell’informazione controllati, ovviamente, da quegli stessi apparati economici e finanziari che, un po’ caricaturalmente, possono essere definiti “poteri forti”. Nei Governi Ciampi, Berlusconi, Prodi, D’Alema spicca la presenza di Ministri tecnocrati in ruoli chiave della gestione finanziaria, graditi agli ambienti economici internazionali e sostanzialmente apolitici nella gestione della finanza pubblica. Una delle più gravi colpe della sinistra di oggi, che pure sembra aver messo a fuoco il problema della democratizzazione dei luoghi delle scelte economiche sovranazionali, è quella di aver lasciato a movimenti massimalisti grossolani la critica al sistema finanziario speculativo mondiale.
Il Circolo Universitario Antonio Greppi è un Circolo ambientale dei Giovani Democratici di Milano.
Il Circolo nasce per fornire a tutti gli studenti e dottorandi, milanesi e fuorisede, un polo di aggregazione sociale, costruzione politica e promozione culturale incentrato sulle competenze e i saperi peculiari del mondo universitario milanese. Il Circolo Universitario è aperto alla partecipazione di tutti gli studenti universitari, senza alcuna discriminazione rispetto all’Università di provenienza.
Il Circolo Universitario è intitolato ad Antonio Greppi, il primo Sindaco della Milano liberata, scelto dal CLN nel 1945 per ricostruire la città dalle macerie della Seconda Guerra Mondiale e ricordato dalla Cittadinanza per aver adempiuto al difficile compito ponendo la cultura come tratto saliente di una rinascita civica e civile.
sabato 27 aprile 2013
Argomenti impopolari contro tesi popolari
4) “Con la cultura non si mangia.”Nella Seconda Repubblica abbiamo assistito invece alla glorificazione (mai accompagnata da sostegni effettivi) delle Piccole e Medie Imprese (PMI), una galassia di microscopiche aziende insediate soprattutto nel Nord più avanzato e capaci di imporre un modello di stile e di gusto eccezionalmente apprezzato dai mercati esteri, il made in Italy. Questo fenomeno tuttavia risale agli anni Settanta del Novecento, ed è stato reso possibile da una immane mobilitazione sociale, un impulso di classi medio-basse verso l’alto che ha messo in moto uno straordinario sforzo imprenditoriale consentito non solo dall’apertura dei mercati, ma soprattutto dal sostegno della politica e dalla formazione culturale e di know-how alla base dell’impulso. Il declino delle PMI sembra accompagnarsi al declino della classe politica italiana, non più capace di sostenere questo straordinario sforzo sociale e culturale con politiche adeguate. E forse questo dipende dal parallelo indebolimento culturale delle classi dirigenti stesse, poiché non hanno meccanismi di selezione in grado di premiare né la competenza né la preparazione. In un Paese in cui la politica sembra ormai appannaggio esclusivo dei medici, degli avvocati e dei giornalisti, e in cui il politico di professione è considerato un mantenuto o, più spesso, un ladro, non ci si stupisca se non si è più in grado di governare il cambiamento della società e il bisogno di innovazione. Il mondo intellettuale ha proposto argomenti alla politica fino a quando la politica li ha richiesti per farne elaborazioni, poi non ne ha più avuto bisogno poiché ha cessato di rendere pratica di governo una teoria ideologica, filosofica o politica, per cimentarsi unicamente nel deludente pragmatismo post ideologico. Le uniche conseguenze tangibili registratesi finora sono la decadenza e l’aridità, e non saranno probabilmente le primarie a risolvere il problema.3) “Ce lo chiede l’Europa”. Distrutti i partiti tradizionali di massa, con i propri meccanismi di formazione interna e di selezione, la società italiana si è posta il problema di come riemergere da una grande tempesta giudiziaria da un lato e da una grave crisi economica dall’altro. L’ultimo Governo della Prima repubblica che si ricordi è quello di Giuliano Amato, e tuttavia si ebbe anche il Governo Ciampi. Due Governi in perfetta sintonia l’uno con l’altro, eppure diversi: il primo era guidato da un politico e da una maggioranza tradizionale di Quadripartito, il secondo dall’ex Governatore della Banca d’Italia e con l’appoggio più o meno esplicito del PDS, il partito post-comunista. Cos’è accaduto in questo strano biennio se non un ripensamento complessivo dell’intero apparato economico-industriale della nazione italiana? L’idea della privatizzazione delle imprese statali non era nuova ai programmi di governo, e tra 1985 e 1992 si era provveduto alla dismissione di ampie quote di Mediobanca, COMIT, Alitalia, ITALTEL (tutte di proprietà dell’IRI). Dal 1992, sotto le pressioni del sistema finanziario internazionale preoccupato per una possibile insolvenza dello Stato italiano, vengono privatizzate al 100% intere aziende e industri dell’IRI, comprese parti dell’ENI, vero gioiello del sistema italiano. Sostanzialmente si avvia un passaggio di consegne dal sistema capitalistico di Stato abbinato a un ristretto sistema oligopolistico di natura famigliare tipico dell’Italia del Dopoguerra ad un sistema nuovo, inserito nella globalizzazione finanziaria. Emerge quindi evidente un’alleanza strategica tra una nuova governancefinanziaria internazionalizzata e ben inserita nella dialettica economica mondiale (formatasi all’ombra del neoliberismo americano e pronta a cogliere l’occasione dell’apertura dei mercati dovuta al crollo del sistema sovietico) e un’opinione pubblica fomentata contro la partitocrazia (estremo baluardo del vecchio sistema assistenzialistico e statalizzato) già da molto tempo, con la complicità dei sistemi dell’informazione controllati, ovviamente, da quegli stessi apparati economici e finanziari che, un po’ caricaturalmente, possono essere definiti “poteri forti”. Nei Governi Ciampi, Berlusconi, Prodi, D’Alema spicca la presenza di Ministri tecnocrati in ruoli chiave della gestione finanziaria, graditi agli ambienti economici internazionali e sostanzialmente apolitici nella gestione della finanza pubblica. Una delle più gravi colpe della sinistra di oggi, che pure sembra aver messo a fuoco il problema della democratizzazione dei luoghi delle scelte economiche sovranazionali, è quella di aver lasciato a movimenti massimalisti grossolani la critica al sistema finanziario speculativo mondiale.
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