nel nostro paese la quota di diplomati che si iscrive all’università è inferiore a quella degli altri Paesi europei
ed il numero totale degli immatricolati è diminuito negli ultimi anni più della contrazione demografica, registrando nell’ultimo anno un crollo verticale di circa il 10%;
il calo delle immatricolazioni ha riguardato soprattutto i figli della classe media impoverita che non riescono a
sopportare più i costi crescenti dell'istruzione;
il limite del 20% non sarebbe infatti più calcolato sulle tasse pagate dall’intera platea degli studenti, ma
sarebbe relativo solamente a quelle pagate dagli studenti italiani e comunitari iscritti in corso e inoltre queste
andrebbero rapportate non più al solo FFO ma all’intero ammontare dei trasferimenti statali;
con tale nuova metodologia di calcolo è prevedibile che l’indicatore all’incirca si dimezzi e ciò renderebbe possibile agli atenei aumentare le tasse universitarie, fino al 60% in più, a carico degli studenti comunitari e in
la norma in questione, inoltre, potrebbe essere fonte di grave discriminazione nei confronti degli studenti
extracomunitari perché consentirebbe agli atenei di aumentare le tasse universitarie a loro carico senza che
l’indicatore del limite della contribuzione studentesca ne risenta in alcun modo;
occorre non dimenticare che tra gli studenti universitari extracomunitari ci sono anche i figli, nati in Italia,
di immigrati extracomunitari residenti in Italia ai quali non è stato ancora dato il diritto di avere cittadinanza italiana a causa di una norma antiquata che questo governo si era impegnato a modificare;
docenti in ruolo, in un contesto nel quale il rapporto tra docenti e studenti è inferiore alle medie OCSE ed europee
il provvedimento del governo, che non porta nessun beneficio diretto alle casse dello Stato, potrà determinare un forte aumento della tassazione a carico degli studenti, in un contesto nel quale gli Atenei sono in grande sofferenza a causa della fortissima contrazione delle risorse realizzata negli ultimi 4 anni dal governo
Gli interventi previsti dal DL introducono risorse a favore del diritto allo studio in misura ancora limitata
e insufficiente, rispetto alle previsioni di sostanziale azzeramento (13 milioni) ereditate dal governo
Berlusconi, come dimostra l’ammontare del fondo integrativo per il diritto allo studio passerebbe dai 98,6
milioni del 2012 a 103 milioni per 2013.
L’intervento prevede il definanziamento degli enti di ricerca in modo del tutto indipendente rispetto alla
valutazione delle attività dei medesimi, tanto da comportare addirittura una forte riduzione del finanziamento
statale per l’Istituto di Fisica Nucleare, protagonista mondiale indiscusso del recente successo scientifico per la prima rilevazione sperimentale a Ginevra del “bosone di Higgs”.
Si prevede, ancora, una nuova pesante riduzione delle possibilità di reclutamenti nelle università e negli enti
di ricerca, con gravi danni sia per le prospettive dei giovani ricercatori che per le attività didattiche e quindi degli studenti.
diritto allo studio, nel quale sia possibile anche ricondurre a maggiore equità e progressività il sistema della
contribuzione studentesca, con un impatto complessivo che potrebbe consentire l’attivazione, “senza nuovi oneri per lo Stato”, di risorse aggiuntive;
in questo contesto le continue esortazioni dei vertici delle Istituzioni, dal presidente della Repubblica, al
governatore della BI, al ministro dell’Istruzione, a investire su “giovani, istruzione, e ricerca” appaiono
disgiunte dal reale contenuto degli interventi pubblici; il potenziamento dell'università e della ricerca è l'unico
vero decreto “Cresci Italia” che andrebbe varato,
mentre purtroppo si rincorrono miti fatui o inutili proclami di stampo ideologico;
Impegna il PD ed i suoi gruppi parlamentari:
a chiedere l’abrogazione della norma che modifica il limite alla contribuzione studentesca e l’introduzione di
un programma per il diritto allo studio e il sostegno agli studenti universitari, finalizzato a riportare quanto
prima entro percentuali adeguate alle necessità dell’Italia il numero degli immatricolati e dei laureati, a ridurre il numero degli studenti fuori corso, a evitare che il completamento degli studi sia legato più a fattori socio-territoriali che alle potenzialità e all’impegno degli studenti;
ad adottare tutti gli atti necessari per rimettere al centro dell’agenda politica la costruzione di un nuovo modello di crescita basato sul sapere, sul lavoro e sull’uguaglianza delle opportunità.
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